SACRO TRIDUO
RICORDARE - CELEBRARE - ATTUALIZZARE la Pasqua di Cristo
Giovedì della Cena
del Signore
La Chiesa
si raccoglie attorno a Cristo per ricordare,
attualizzare, celebrare la
sua Pasqua.
Anche
noi vogliamo mangiare la Pasqua!
Mangiare la Pasqua
é credere che per la Passione, Morte e Risurrezione di Cristo gli uomini
sono passati, in Lui e con Lui, dalla morte del peccato alla pienezza della
Vita e della Verità.
Mangiare la Pasqua
vuol dire unirsi nel sacramento – nel simbolo del pane e
del vino consacrati – a quella stessa Pasqua di Cristo che fu morte cruenta e
risurrezione gloriosa. La nostra, invece, é incruenta – pane e vino - ma é la
stessa Pasqua.
Mangiare la Pasqua
significa far diventare realtà personale di ognuno di noi quello che
Cristo realizzò per noi; significa trasformarsi in Pasqua, come dice san Leone
Magno in uno dei suoi magnifici Sermoni:
La
partecipazione al Corpo e al Sangue di Cristo a null'altro tende che a
trasformarci nella realtà stessa che riceviamo (Sermone 12).
Mangiare
la Pasqua é
mettersi a servizio di tutti e non pretendere di essere serviti;
é assumere un atteggiamento di umile servizio verso gli altri, avere sentimenti
di compassione per ogni miseria. Questo sarà il segno che la Cena
del Signore é stata una Pasqua vera, di liberazione dal male che é in noi e di
alleanza che si trasforma in amore per i fratelli.
Mangiare la Pasqua é adorane il Sacramento, Scrive
Papa Ratzinger in un bellissimo testo:
«Colui che adoriamo non é una potenza lontana, si é Egli
stesso chinato davanti a noi, per lavare i nostri piedi. É questo a
rendere libera e lieta la nostra adorazione, a riempirla di speranza,
poiché noi ci inchiniamo nell'amore che non rende schiavi, ma che
trasforma in amici nella bellezza della grazia»
Ogni opera
di bontà per l'altro é un servizio di lavanda dei piedi. A questo ci chiama il
Signore: ci inchiniamo davanti a Cristo, ci inchiniamo davanti ai fratelli,
adoriamo Dio, serviamo i fratelli, Ecco, il Mistero della Cena!
Venerdì
della Passione del Signore
Cristo
é morto per noi! Volontariamente si é consegnato ai
suoi uccisori. Il seme, cadendo in terra e morendo, porta molto frutto
(cf.Gv 12,24): la liturgia del Venerdì Santo si incentra su questo seme che muore:
la morte di Cristo viene ripresentata e rivissuta in tutta la sua realtà di
sacrificio cruento.
Quale
deve essere il nostro atteggiamento di fronte al Cristo che muore in piena giovinezza?
Dobbiamo sentirci presenti e partecipi. Anche
noi vogliamo partecipare alla morte di Cristo!
Nel
racconto della Passione del Signore nel Vangelo secondo Giovanni la morte di
Gesù é contemplata alla luce dell'agnello immolato per la Pasqua ebraica. Essa
accade proprio nel giorno e nell'ora in cui nel tempio di Gerusalemme si stava
offrendo il sacrificio dell'agnello pasquale.
La morte di
Cristo compie quella salvezza e quell'alleanza di cui il sacrificio
dell'agnello era l'annuncio profetico e simbolico.
Andando
fino all'estremo dell'amore, dando tutto se stesso nel modo più completo, tra
le sofferenze e le umiliazioni, Cristo é il vero
Agnello che toghe i peccati del
mondo. In una antica omelia sulla Pasqua di Melitone di Sardi leggiamo: «Cristo
é l'Agnello pasquale che ci ha fatto passare dalla schiavitù alla libertà,
dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita».
Nella
prospettiva giovannea la Passione non é una sconfitta, ma una lotta vittoriosa,
é l'adempimento del disegno di Dio.
Gesù é innalzato nella croce per essere contemplato.
La Passione é glorificante. Giovanni ci invita a contemplare Gesù crocifisso in
tre particolari momenti.
Prima
di morire, Gesù dice: É compiuto: il
passato si é realizzato. Morendo, trasmette lo
Spirito. Morto, dal suo costato aperto sgorgano sangue e acqua. La morte di Gesù é feconda, E
questa fecondità giunge a noi attraverso i sacramenti: l'acqua del Battesimo,
il sangue dell'Eucaristia.
Il
Venerdì Santo non finisce! Il gesto immolativo di Cristo é diventato centro
della vita della Chiesa.
Il grande Sabato di silenzio e attesa
Il Sabato Santo é
giorno di grande silenzio. Accade come quando, dopo aver seppellito una persona
cara, il giorno seguente non si sa che fare... É il giorno dei ricordi, ma non
solo. Per i cristiani il grande Sabato é giorno di attesa, di speranza, e va vissuto
con la certezza nel cuore che nella notte quel silenzio si rompe, perché in
esso irrompe la Parola risorta.
Grande
silenzio, dunque, perché il Re dorme. La terra sbigottita tace, perché il
Dio-fatto-carne si é addormentato.
Ma il
Re discende agli inferi, per operare un riscatto, per riprendere tutto il
passato e assumerlo nel presente un presente che diventa futuro di speranza.
Il Re
dorme, ma noi siamo svegli. Noi non possiamo dormire: troppo grande é quello
che é accaduto; noi, però, dovremmo tacere, con un silenzio pieno di fede,
pieno di attesa: il Re dorme, ma nella notte si sveglia, viene svegliato, e
ritorna in mezzo a noi con le sue piaghe gloriose.
Silenzio
e preghiera, silenzio e attesa, silenzio e forte speranza. Non bisogna fare
altro in questo giorno.
Da un
intenso ritmo celebrativo la Liturgia ci conduce a un profondo silenzio che
prepara l'Evento. É il silenzio, oggi, a parlare, e parla col desiderio del
cuore, perché il Re dorme, eppure lavora, opera la nostra liberazione.
Veglia pasquale: Notte di luce
La notte
pasquale della Chiesa é tutta pervasa di luce, Cristo, che risorge glorioso,
disperde le tenebre del cuore.
La luce del
Cero pasquale - acceso al "fuoco nuovo" benedetto
all'inizio della Celebrazione - con il suo forte simbolismo é il solenne
annunzio della Pasqua: luce che illumina le tenebre ed energia di
trasformazione che fa nuova la vita.
Alla
luce del Cero, risuona la lunga Liturgia della
Parola. Le letture hanno il compito di richiamare alla nostra
coscienza il fatto che, attraverso il Battesimo, quegli antichi avvenimenti
trovano pieno compimento in noi. É san Paolo a ricordarci che ormai per noi
la salvezza é una realtà, dal momento che, per il Battesimo, siamo diventati
partecipi di Cristo: «Egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora
invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma
viventi per Dio, in Cristo Gesù» (Rm 6,10-11).
La liturgia battesimale
da sempre ha formato l'anima profonda e la ragion d'essere della Veglia
pasquale. Attraverso il Battesimo, il mistero pasquale non resta chiuso in
Cristo, ma passa agli uomini rinnovandoli. Ogni celebrazione pasquale é sempre
un ritornare al nostro Battesimo. Il rito delle
promesse battesimali é una
rinnovata rinunzia al male e una rinnovata professione di fede. Si tratta di ricordarsi
che bisogna vivere in conformità al proprio Battesimo, apportando al Sacramento
tutta la realtà della nostra vita.
Nel
Cristo risorto siamo diventati figli risorti. La grande esplosione di luce
della risurrezione ci ha afferrati nel Battesimo per attrarci nella vita di
Dio: é questa la grande gioia della Veglia pasquale. La risurrezione non é
passata e non passa; ci ha raggiunti e sempre ci raggiunge; afferrati da
Cristo, a Lui ci aggrappiamo, sapendo che Egli ci tiene saldamente, anche
quando le nostre mani si indeboliscono. Così, pieni cli gioia, possiamo cantare
con la Chiesa di tutti i tempi: «Esulti il coro degli angeli, gioisca la terra
per questo grande splendore!».
Tutto
é nuovo perché Cristo ci ha rinnovato. La luce di Dio, che risplende in
Cristo, deve risplendere anche nei cristiani, partecipi della vita divina.
Siamo diventati luce e viviamo di questa luce e questa luce oggi illumina tutta
la terra. E tutti cantiamo di nuovo il Gloria
e tutti viviamo l'alleluia perché
Cristo ha vinto le tenebre del male e della morte e ci ha fatto partecipi della
sua risurrezione.
Domenica di Pasqua: annunzio della Risurrezione
La
Celebrazione Eucaristica della domenica di Pasqua comincia con un canto, nel
quale la Liturgia compie veramente un salto mortale, perché in esso risuonano
sono le parole che Cristo risorto dice a suo Padre: Resurrexi
et adhuc tecam sum, sono risorto e ora sono sempre con te.
Nei
tre giorni del Triduo stiamo con Cristo nel Cenacolo, lo seguiamo sul Calvario,
lo vediamo nel sepolcro e lo accompagniamo nel silenzio del Sabato Santo, fino
ad arrivare all'esplosione di luce e di gioia che é la risurrezione.
Nelle
parole che Cristo dice al Padre, la Chiesa riconosce che Egli, risorgendo da
morte, si rivolge al Padre colmo di felicità, di amore e di gioia, come
esclamando: «Eccomi, ho fatto la tua volontà, ho compiuto la mia missione e
adesso sono risorto, sono ancora con te e lo sarò sempre. Il tuo Spirito non mi
ha abbandonato».
La
morte-risurrezione del Verbo di Dio incarnato é un evento permanente di amore
insuperabile, é la vittoria dell'amore che ha cambiato il corso della storia,
infondendo un indelebile e rinnovato senso alla vita dell'uomo. Ormai, per
sempre c'é un prima e un dopo, la risurrezione di Cristo.
Sono risorto e sono sempre con voi, Cristo é
presente nella Chiesa con le sue piaghe sante e gloriose. Con il suo sacrificio
redentore Gesù di Nazareth ci ha reso figli adottivi di Dio, così che ora
possiamo inserirci anche noi nel dialogo tra Cristo e il Padre, un dialogo
sacramentale e misterioso di amore e di figliolanza. Grazie alla morte e
risurrezione di Cristo pure noi, oggi, risorgiamo a vita nuova, e unendo la
nostra alla sua voce proclamiamo che vogliamo restare sempre con il Signore. Il
Padre sempre buono e misericordioso ci accoglie. Resta solo un mistero d'amore,
É Pasqua! La forza rinnovatrice del mistero pasquale si manifesti in ciascuno
di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre città. Oggi il Signore ha redento
il suo popolo!
Christòs
anésti! Alithòs anésti!
Cristo
e' risorto, é veramente risorto!